giovedì 19 marzo 2015

Omero, Odissea, riassunto

Riassunto dell'Odissea


Libri IVI
Odisseo è trattenuto per volere di Poseidone, irato con l'eroe che gli ha accecato il figlio Polifemo, nell'isola Ogigia, presso la ninfa Calipso. Con il consenso di Zeus, Atena, protettrice di Odisseo, si reca ad Itaca dove si sono insediati i Proci, un gruppo di pretendenti che da tempo aspirano alla mano di Penelope, e, sotto mentite spoglie, induce Telemaco a partire alla ricerca del padre Odisseo.
Telemaco chiede aiuto agli itacesi contro i Proci. Antinoo, il loro capo, gli rammenta la promessa di Penelope: terminata la tessitura di una tela, ella sceglierà come sposo uno dei pretendenti; in realtà la donna di notte sfila tutto ciò che ha tessuto durante il giorno. Telemaco si procura una nave con l'aiuto di Atena e parte: giunge a Pilo dove il re Nestore lo accoglie affettuosamente, senza però potergli dare notizie del padre. Telemaco parte quindi alla volta di Sparta .
A Sparta il re Menelao e la moglie Elena raccontano le imprese compiute a Troia da Odisseo e anche il suo soggiorno a Ogigia. Intanto a Itaca i Proci tramano contro Telemaco. 
Dopo una nuova assemblea, Zeus decide di inviare Ermes da Calipso per chiederle di lasciar partire l'eroe che finalmente, può lasciare l'isola di Ogigia a bordo di una zattera. Dopo diciotto giorni di navigazione Poseidone scatena una tempesta. Odisseo si salva e raggiunge naufrago la spiaggia dell'isola di Scheria, la terra dei Feaci, dove cade addormentato.
Nausicaa, figlia del re dei Feaci Alcinoo, indotta da un sogno mandato da Atena, si reca con le ancelle alla spiaggia. Svegliato dalle voci, si presenta loro Odisseo. Colpita da lui, lo invita a seguirla in città.


Libri VIIXII
 Avvolto da Atena in una nube, Odisseo giunge al palazzo di Alcinoo. Il re e la regina gli offrono ospitalità promettendogli di ricondurlo a Itaca.
Durante un banchetto offerto in onore dell'eroe, l'aedo canta le imprese della guerra di Troia. Odisseo turbato fa interrompere il canto e si commuove. Alcinoo chiede all'eroe chi egli sia.
Odisseo si rivela e racconta. Dopo la caduta di Troia,  Odisseo e i suoi compagni giungono presso i Lotofagi, il cui cibo toglie la memoria. Arrivano poi nella terra dei Ciclopi, giganti pastori con un solo occhio in mezzo alla fronte. Prigioniero del ciclope Polifemo, Odisseo con l'astuzia riesce a liberare sé e i compagni. Stordisce Polifemo offrendogli un vino delizioso e mentre il gigante è addormentato con un palo infuocato lo acceca. Polifemo invoca l'ira del padre Poseidone su Odisseo.
Favoriti da un vento propizio mandato da Eolo, Odisseo e compagni si rimettono in navigazione. I compagni aprono però l'otre dei venti che l'eroe portava con sé, scatenando così una tempesta che li spinge nel paese dei Lestrigoni. Qui perdono le navi e, con l'unica rimasta, fuggono verso l'isola di Aia dove Circe trasforma in porci un gruppo di compagni di Odisseo. Avuta da Ermes un'erba magica, Odisseo salva i compagni e resta un anno presso Circe, che si è innamorata di lui. Quando Odisseo le esprime il desiderio di tornare in patria, la dea lo manda prima negli Inferi.
Odisseo raggiunge il paese dei Cimmeri. Compiuti i sacrifici scende negli Inferi dove incontra il vate Tiresia, che gli svela il motivo dell'ira di Poseidone, il difficile ritorno in patria e la morte in terra straniera; vede poi la madre Anticlea, Agamennone, Achille e mitici eroi come Tantalo e Sisifo. Odisseo ritorna da Circe, ma riparte subito non prima di aver saputo dalla dea come superare le prove che lo attendono. Giunto per mare presso le Sirene, Odisseo per sfuggire al loro irresistibile canto ottura con la cera le orecchie dei compagni e lega se stesso all'albero della nave. Attraversa lo stretto di Scilla e Cariddi: costeggia il promontorio di Scilla, abitato dal mostro a sei teste, per evitare i gorghi di Cariddi. Sbarca in Trinacria, dove i compagni, tormentati dalla fame, uccidono alcune giovenche della mandria del Sole. Essi periscono poi in mare durante una tempesta suscitata dal dio. Odisseo naufrago approda all'isola Ogigia.



1) Troia  2) Tracia (Ciconi)  3) Africa (Lotofagi)  4-10 Si veda la cartina sotto  11) Ogigia (Calipso)  12) Corfù (Feaci) 13) Itaca



In linea di massima: 4) Sicilia (Polifemo e i Ciclopi)  5) Isole Eolie (Eolo)  6) Sardegna (Lestrigoni)  7) Basso Lazio (promontorio Circeo isola Eea) Circe 8) Campania Inferi (oppure regione immaginaria in cui Ulisse si sarebbe recato per incantesimo della maga)
9) Isola delle Sirene  10) Stretto di Messina (Scilla e Cariddi)  e uccisione delle vacche sacre al Sole in Sicilia


Libri XIIIXVIII
Terminato il racconto, Odisseo con una rapidissima navigazione è ricondotto dai Feaci nella sua Itaca. Atena si presenta all'eroe in veste di pastore e insieme dicidono come affrontare i Proci. Odisseo viene trasformato in un vecchio mendicante e si reca dal porcaio Eumeo.
Da Eumeo l'eroe riceve ospitalità e viene informato delle prepotenze dei Proci e della fedeltà di Penelope.
Intanto, a Sparta, Atena suggerisce a Telemaco di tornare a Itaca e recarsi da Eumeo.
Odisseo si svela al figlio Telemaco. Eumeo va da Penelope ad annunciarle il ritorno del figlio. L'indomani Eumeo, Odisseo e Telemaco si recano alla reggia. Odisseo viene riconosciuto dal vecchio cane Argo, che dopo averlo salutato muore ai suoi piedi. Odisseo mendica tra i Proci e Antinoo lo colpisce con uno sgabello.
Odisseo vince al pugilato il mendicante Iro. Penelope si mostra e riceve ricchi doni.


Libri XIXXXIV
Mentre la vecchia nutrice Euriclea lava i piedi di Odisseo, lo riconosce, ma l'eroe la costringe a tacere. Penelope svela al mendicante la decisione di proporre ai Proci una gara con l'arco per scegliere il pretendente alle nozze.
Durante la notte Odisseo, sdegnato per quanto avviene nella sua casa, medita la vendetta.
Penelope porta l'arco di Odisseo perché i Proci si sfidino nel far passare una freccia attraverso gli anelli di dodici scudi. I Proci tentano invano di tendere l'arco ma la gara è vinta da Odisseo. Telemaco impugna la spada.
Si compie la vendetta. Uno dopo l'altro tutti i Proci cadono. Le ancelle che avevano frequentato i loro letti sono impiccate. Solo il cantore Femio e l'araldo Medonte vengono risparmiati.
Penelope non riesce ancora a credere che Odisseo sia tornato ma quando l'eroe, lavato e reso più bello da Atena, svela alla moglie il segreto della costruzione del loro letto nuziale, i suoi dubbi svaniscono. Odisseo si reca dal padre Laerte e lo riconduce con sé alla reggia. Il padre di Antinoo per vendicare il figlio suscita una rivolta degli itacesi, ma Atena ristabilisce la pace tra Odisseo e il suo popolo.

sabato 29 giugno 2013

ALCUNE PROPOSIZIONI IN LATINO


PROPOSIZIONE
COSTRUZIONE IN LATINO
ESEMPIO
PROPOSIZIONE CAUSALE

La CAUSALE è una proposizione che esprime la causa, reale o pensata per cui avviene  un'azione. 

Quando la causa è oggettiva,
si rende con l'indicativo;

quando è obliqua
(ossia è "soggettiva" = riporta cioè il pensiero di un'altra persona),
si rende con il congiuntivo.

1 a
quod, quia, quoniam  (= "poiché") + indicativo (causa reale)

1 b
quod, quia, quoniam  (= "poiché") + congiuntivo (causa obliqua)

2a
quandoquandoquidemsiquidemquoniamut (= "dal momento che", "giacché", "per il fatto che", "siccome") + indicativo  (causa reale)

2b
quandoquandoquidemsiquidemquoniamut + congiuntivo (causa obliqua) 


3
ablativo assoluto



4
cum + congiuntivo (o cum narrativo),
secondo le regole della consecutio temporum.
1 a Volo Antonium valere quoniam eum amo = Voglio che Antonio stia bene, perché lo amo (causa reale, oggettiva);


1 b - Superbum te esse dicunt, quod nihil respondeas = Dicono che tu sia superbo, perché non rispondi (causa obliqua: viene riportata la causa addotta da altri).


2a - Marcus et Gaius Romam iverunt
quandoquidem consul eos convocaverat = Marco e Gaio andarono a Roma dal momento che il console  li aveva convocati (causa reale, oggettiva);

2b - Brutus numquam felix erit siquidem dii contra eum sint Bruto non sarà mai felice perché (a suo dire) gli dei sono contro di lui (causa obliqua: è la giustificazione addotta da Bruto).

3 - Equites Treveri, desperatis nostris rebus, domum contenderunt.
I cavalieri Treviri, essendo la nostra situazione disperata (giacché, poiché...era disperata), tornarono in patria.

4- Tres dies Octavianus flevit cum scivisset Caesarem necatum esse.
Ottaviano pianse per tre giorni perché aveva saputo che Cesare era stato ucciso.
PROPOSIZIONE COMPLETIVA

Le proposizioni completive (o sostantive o complementari dirette) completano quanto viene espresso dalla proposizione reggente.
Esse svolgono la funzione di soggetto o di complemento oggetto rispetto al predicato della reggente.
Tra le proposizioni completive più usate ci sono la proposizione infinitiva latina e la proposizione interrogativa indiretta.
Le proposizioni completive possono essere:
-    completive che esprimono una funzione soggettiva, oggettiva o epesegetica;
-    completive che esprimono volontà, desiderio, timore, comando o esortazione, e che contengono il "ne";
-    completive che esprimono una constatazione, che contengono il "non".
Per la resa delle proposizioni completive, si rimanda alle proposizioni specifiche.
PROPOSIZIONE CONSECUTIVA

La proposizione consecutiva latina è una frase subordinata che esprime la conseguenza di ciò che è indicato nella reggente.


In latino è introdotta:
-         dalla congiunzione ut, se è positiva,
-         da ut non (ut nemo, ut nullus, ut nihil, ut numquam) se è negativa.

Il verbo è:
-         al congiuntivo presente per indicare una conseguenza che avviene nel presente,
-         al congiuntivo imperfetto (con valore durativo) e perfetto (con valore momentaneo) per esprimere una conseguenza che ricade nel passato.

Nella maggior parte dei casi, la consecutiva è anticipata da elementi come pronomi, aggettivi e avverbi con una funzione correlativa, detti appunto spie linguistiche:
-         ita, sic, «così»;
-         tam (davanti ad aggettivi e avverbi), tanto (davanti ad aggettivi e avverbi al grado comparativo), tantum (davanti a verbi), e tanti (davanti a verbi di stima), «tanto»;
-         tantus, -a, -um, «tanto grande», «talmente grande», «così grande»;
-         adeo e eo «a tal punto»…








Con il congiuntivo presente
Nemo tam puer est ut Cerberum timeat.
Nessuno è così infantile da temere Cerbero.

Con il congiuntivo imperfetto
Atticus sic Graece loquebatur, ut Athenis natus videretur.
Attico parlava così (bene) il greco, che sembrava nato ad Atene.

Con il congiuntivo perfetto
Tantus fuit ardor animorum, ut motum terrae nemo pugnantium senserit.
L'ardore degli animi fu talmente enorme, che nessuno dei combattenti sentì il terremoto.

PROPOSIZIONE FINALE

Esprime il fine a cui mira il verbo della proposizione reggente e si rende in italiano:
-      in forma implicita con "per" + infinito, quando vi è identità di soggetto con la reggente: Studio per essere promosso ;
-      in forma esplicita con "perché"+ congiuntivo,  quando non vi è identità di soggetto:
Si tenne un seminario perché tutti fossero informati.

In latino:
1.       la proposizione finale positiva è introdotta da ut (uti);

2.       quo sostituisce ut quando all'interno della finale si trovano un aggettivo o un avverbio comparativo oppure un verbo di valore comparativo come malo;

3.       la proposizione finale negativa è introdotta da ne;

4.       la finale può essere anticipata nella reggente da espressioni come idcirco, eo, eo consilio, ob eam causam, propterea, etc.

5.       la proposizione finale negativa coordinata ad una finale è introdotta da:
-  neve o neu se questa è negativa,
-  neve o neu, neque o nec se questa è positiva.

Per la proposizione finale si usa sempre:
-  il presente congiuntivo se nella reggente si trova un tempo principale;
-  l'imperfetto congiuntivo se nella reggente si trova un tempo storico.

Finale positiva con ut :
Ut edam non vivo, sed ut vivam edo =
Non vivo per mangiare, ma mangio per vivere.

Finale positiva con quo :
Ager aratur, quo meliores fetus possit edere = Si ara un campo perché possa dare frutti migliori.


Finale negativa con ne :
Dionysius, ne tonsori collum committeret, tondere suas filias docuit =
Dionigi, per non affidare il collo ad un barbiere, insegnò a radere alle sue figlie.

Finale con “anticipazione”:
Idcirco genueram, ut esset qui pro patria mortem non dubitaret soccumbere =
Per questo l'avevo generato, perché fosse tale da non esitare a morire per la patria.

Finale negativa, coordinata ad una finale positiva
Praesidium in vestibulo relinquit ne quis adire curiam iniussu suo neve inde egredi possit =
Lascia una guardia nel vestibolo perché nessuno possa entrare nella curia senza suo ordine né di là possa uscire.
PROPOSIZIONE INFINITIVA
La proposizione infinitiva può essere tradotta in italiano con una proposizione soggettiva o con una proposizione oggettiva.
Le proposizioni oggettive fungono da complemento oggetto del verbo reggente e sono introdotte da:
1.                   verba dicendi e declarandi come dico, nego, trado, fero, etc. :
dico te studere =
dico che tu studi.
2.                   verba sentiendi come credo, puto, scio, memini, spero, etc.:
scio te studere =
so che tu studi.
3.                   verba affectuum come gaudeo, doleo, miror, lugeo, glorior, etc.;
gaudeo te studere =
sono contento che tu studi.
4.                   verba voluntatis come volo, nolo, malo, iubeo, prohibeo, etc.;
iubeo te studere = ordino che tu studi.
Le proposizioni soggettive fungono da soggetto del verbo reggente e sono introdotte da:
1.     verbi impersonali come oportet, opus est, necesse est, decet, iuvat, interest, licet, etc.:
oportet te studere = è opportuno che tu studi.
2.     verbo esse alla 3a pers. sing. + un sostantivo o aggettivo neutro sostantivato: magna laus est, turpe est, etc.:
turpe est falsum dicere =
è vergognoso dire il falso.
Questo tipo di proposizione
non utilizza congiunzioni.
L'infinitiva presenta sempre:
-         Soggetto in accusativo
-         Verbo all'infinito

Il tempo dell'infinito è determinato dal rapporto di tempo fra proposizione principale e proposizione subordinata, secondo una peculiare consecutio temporum:
Contemporaneità
Anteriorità
Posteriorità
Infinito presente
Infinito perfetto
Infinito futuro

La proposizione infinitiva è da considerarsi di genere neutro perciò l'eventuale predicato nominale della reggente va in genere neutro.

Se il soggetto dell'infinitiva è un pronome di terza persona, in latino si troverà:
-         i pronomi is, ea, id o ille, illa, illud se c'è differenza di soggetto fra reggente e infinitiva;
-         il pronome se se c'è comunanza di soggetto fra le due proposizioni.

CONTEMPORANEITÀ: significa che l’azione dell’infinitiva avviene NELLO STESSO TEMPO di quella della reggente.
Contemporaneità nel presente
Iustum est Socrates damnari  =
È giusto che Socrate sia condannato
Contemporaneità nel passato
Iustum erat Socrates damnari  =
Era giusto che Socrate fosse condannato
Contemporaneità nel futuro
Iustum erit Socrates damnari  =
Sarà giusto che Socrate sia condannato


ANTERIORITÀ: significa che l’azione dell’infinitiva avviene PRIMA di quella della reggente.

Anteriorità nel presente
Dico te bonum fuisse  =
Dico che tu eri stato buono

Anteriorità nel passato
Dixi te bonum fuisse =
Dicevo che tu eri stato buono

Anteriorità nel futuro
Dicam te bonum fuisse  =
Dirò che tu sei stato buono


POSTERIORITÀ: significa che l’azione dell’infinitiva avviene DOPO quella della reggente.

Posteriorità nel presente
Puto militem victurum esse =
Ritengo che il soldato vincerà

Posteriorità nel passato
Putabam militem victurum esse  =
Ritenevo che il soldato avrebbe vinto

Posteriorità nel futuro
Putabo militem victurum esse  =
Riterrò che il soldato starà per vincere